La genetica dell'ansia

"Ansia: scritta nei geni, o modellata dall'ambiente?"


Introduzione



L’ansia rappresenta una componente fondamentale dell’esperienza umana, essenziale per affrontare situazioni di pericolo e adattarsi all’ambiente. Tuttavia, quando si manifesta in modo eccessivo o persistente, può compromettere il benessere e il funzionamento individuale. Lo studio condotto da un team internazionale di ricercatori e pubblicato sulla piattaforma medRxiv ha gettato luce sui disturbi d'ansia attraverso una vasta ricerca genomica.


Questo studio ha fornito una panoramica dettagliata dei disturbi d'ansia, identificando nuovi loci genetici, sottolineando connessioni con altri disturbi mentali, rivelando diversi legami con altre condizioni di salute fisica e aprendo a possibili nuovi scenari per lo sviluppo di terapie.


Definizione e ruolo dell'ansia



L’ansia è la risposta fisiologica e psicologica naturale del corpo a una situazione percepita come minacciosa. È un sentimento di paura o apprensione per ciò che verrà.


Questo si spiega grazie al ruolo adattivo che svolge, in quanto una parte di essa ha permesso la sopravvivenza della specie, ma mentre la paura è una reazione immediata a un pericolo presente, l’ansia riguarda eventi futuri e incerti.

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Si tratta di un’emozione normale messa a punto dall’organismo come meccanismo di allarme per evitare dei pericoli che direttamente o indirettamente minacciano la sopravvivenza. Qualunque evento o situazione, anche in prospettiva, che sia avvertita come minaccia, dalla perdita del lavoro, all’esito di un esame, può scatenare un malessere ansioso.


Quando questa sensazione si presenta con una certa regolarità e con livelli sproporzionati rispetto allo stimolo, si può sviluppare un problema in grado di compromettere la qualità della vita a livello psichico e fisico. Tuttavia l’ansia può essere percepita diversamente da un individuo all’altro, infatti per alcuni anche livelli troppo bassi comportano alterazioni dello stato di adattamento delle loro prestazioni, rispetto ad altri individui che per arrivare a tale disagio hanno necessità di livelli d’ansia più alti. Infatti ci sono delle situazioni dove lo stress è associato a sentimenti di soddisfazioni e viene definito eustress, che porta a migliorare le prestazioni del soggetto. Invece situazioni di stress negativo definite distress che è legato ad ansia, disagio e panico.


A livello fisiologico, l’ansia attiva il sistema nervoso autonomo, in particolare la risposta “lotta o fuga” mediata dal sistema simpatico e parasimpatico. Questa risposta è regolata dall’interazione tra il sistema limbico, l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) e il sistema nervoso centrale. Sebbene l’ansia sia utile in molte situazioni, diventa patologica quando si manifesta in modo sproporzionato rispetto al contesto o quando è cronica, causando disagio significativo.



Sintomi dell’ansia



L’ansia può presentarsi all’improvviso, come nell’attacco di panico, oppure gradualmente, nel corso di diversi minuti, ore o giorni. Il disagio è dovuto al fatto che ci si sente fuori controllo, come se ci fosse una disconnessione tra mente e corpo.


L’ansia è percepita in modo diverso, a seconda della persona che la vive, ma ci sono dei sintomi ricorrenti:


  • Generali: senso di paura e di pericolo imminente, paura di morire o di perdere il controllo, tensione generale, incapacità di rilassarsi, apprensione, ipervigilanza e inquietudine.

  • Gravi: sensazione di perdita della propria personalità e del senso della realtà, irritabilità e impazienza, tendenza al catastrofismo, preoccupazioni eccessive per questioni secondarie, difficoltà a concentrarsi e scarsa attenzione, disturbi della memoria e del sonno.

Studio medRxiv



Avendo sfruttato le informazioni di oltre 1.2 milioni di partecipanti abbiamo trovato che ben 51 loci sono associati all’ansia, 39 dei quali sono nuovi. Inoltre, i punteggi di rischio poligenico sono stati associati all’ansia nei gruppi africani, americani misti e dell’Asia orientale.

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L’ereditarietà dell’ansia è stata arricchita per i geni espressi nel sistema limbico, nella corteccia cerebrale, nel cervelletto, nel metencefalo, nella corteccia entorinale e nel tronco encefalico. Le analisi del trascrittoma e del proteoma hanno evidenziato 115 geni associati all’ansia attraverso la regolazione specifica del cervello e intertissutale. Inoltre, nello studio si sono osservate correlazioni geniche globali e locali con depressione, schizofrenia e disturbo bipolare e presunte relazioni causali con diverse condizioni di salute fisica.


Questo studio, insomma, ha ampliato le conoscenza sul rischio genetico e sulla patogenesi dei disturbi d’ansia, evidenziando quanto è importante studiare popolazioni diverse.


La componente genetica dell'ansia



Per quanto riguarda i fattori genetici ci sono altri due importanti studi che hanno sostenuto questa ipotesi, prima dello studio medRxiv, ovvero lo studio sulle scimmie e lo studio sui gemelli.


Lo studio sulle scimmie è stato svolto dall’Università del Wisconsin su 600 esemplari di scimmie Rhesus ed è servito a stabilire che sia i genitori ansiosi che i loro figli condividevano connessioni nel loro cervello che generano una risposta di paura e innescano la preoccupazione.


Usando un approccio di correlazione genetica, abbiamo trovato il circuito neurale in cui il metabolismo e un temperamento ansioso nelle prime fasi di vita rischiano di condividere la stessa base genetica.


Esso coinvolge tre regioni del cervello legate alla sopravvivenza:


  • il tronco cerebrale, la parte più primitiva del cervello;

  • l’amigdala, il centro della paura nel cervello;

  • la corteccia prefrontale, che è responsabile del livello più alto di ragionamento ed è completamente sviluppata solo negli esseri umani e nelle scimmie.


Nello studio sui gemelli abbiamo misurato i livelli di ansia in oltre 1.400 coppie di gemelli (dotati dunque dello stesso patrimonio genetico) che avevano un’età compresa fra i 19 e i 21 anni.

Le loro reazioni emotive sono state classificate in sei diverse tipologie: ansia generalizzata, ansia da matematica, ansia per i compiti di navigazione spaziale (come la lettura di una mappa) e ansia da rotazione/visualizzazione (abilità richieste ad esempio per immaginare la struttura finita di un mobile da assemblare). Incrociando le informazioni comportamentali con quelle relative al corredo genetico, abbiamo scoperto che tutte le forme di ansia derivano per un buon 30-40% da fattori ereditari legati al DNA.


La componente ambientale dell'ansia



Per “ambientale” si intende tutto ciò che avviene al di fuori del nostro DNA. Un disturbo d’ansia può essere scatenato da stress ambientali, come la rottura di un rapporto importante o l’esposizione a un disastro in cui la vita è messa a rischio.


Specie l‘essere vittima di un trauma, essere vicino a qualcuno che è vittima di un’esperienza traumatica o assistere a qualcosa di traumatico, sono tutte condizioni che possono favorire l’ansia.


Ci sono malattie che possono indurre ansia, perché percepite come un grave pericolo per la propria incolumità, come le cardiopatie, l’insufficienza cardiaca e le aritmie cardiache; patologie ormonali come una ghiandola surrenale iperattiva, ipertiroidismo oppure un tumore che secerne ormoni, patologie respiratorie come l’asma. Secondo alcuni studi sul cervello, l’ansia sarebbe causata da alterazioni della quantità prodotta di alcuni neurotrasmettitori, come per esempio un’eccessiva produzione di noradrenalina (l’ormone dello stress) e una ridotta produzione di serotonina (che regola il benessere) e di GABA (che è un neurotrasmettitore inibitorio).


Possono causare ansia anche farmaci e sostanze stupefacenti come corticosteroidi, cocaina, amfetamine e perfino la caffeina. L’astinenza da alcol o sedativi, come le benzodiazepine, può indurre ansia e altri sintomi, come l’insonnia e l’irrequietezza.


Meccanismi neurotrasmittoriali



L’ansia rappresenta una situazione psicofisica che comporta manifestazioni della sfera psichica e somatica, coinvolgendo complessi meccanismi e diversi circuiti neuronali. Infatti per poter mantenere un adeguata risposta agli eventi avversi sono interessati in questo controllo diversi sistemi che coinvolgono oltre ai più noti neurotrasmettitori.


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Il GABA che risulta essere il principale neurotrasmettitore inibitorio del sistema nervoso centrale di cui una ridotta attività GABAergica è associata a un aumento dell’eccitazione neuronale e degli stati ansiosi.

L’acido glutammico neurotrasmettitore eccitatorio che, i eccesso, può contribuire all’iperattivazione dei circuiti neuronali coinvolti nell’ansia. Le monoamine di qui: >


  • Serotonina: Regola l’umore e l’ansia; alterazioni nei suoi livelli sono comuni nei disturbi d’ansia.
  • Noradrenalina: Coinvolta nella risposta allo stress, la sua iperattivazione può esacerbare l’ansia.
  • Dopamina: Gioca un ruolo nella regolazione emotiva e nella risposta alle situazioni stressanti.


Abbiamo identificato diversi altri mediatori, come i neurosteroidi, questi composti modulano l’attività dei recettori GABAergici e influenzando gli stati ansiosi. Alcuni ormoni, particolarmente associati all’attività dell’asse HPA (Ipotalamo-ipofisi-surrene). L’asse HPA è il principale sistema endocrino coinvolto nella risposta allo stress. Un’attivazione cronica di questo asse può portare a un aumento dell’ansia. E le citochine, con conseguente azione sul sistema immunitario. Recenti ricerche evidenziano un’interazione tra il sistema nervoso e quello immunitario. Le citochine sembrano possedere anche un effetto nella modulazione dell’attività neuronale in particolari aree cerebrali come l’amigdala, l’ippocampo, l’ipotalamo e la corteccia, potenziando l’attività delle vie monoaminergiche e del CRH, oltre ad interagire con i neuroni GABAergici pertanto processi infiammatori cronici e alterazioni immunitarie possono contribuire all’insorgenza dell’ansia.


Si intuisce come tutti questi sistemi sono interconnessi tra di loro e che ce ancora tanto da approfondire per poter capire al meglio l’associazione tra alterazione dei fattori neurotrofici ed ansia, cosa più ampiamente studiata nei confronti di stress cronico e depressione.


Aree cerebrali e fattori di rischio



L’ansia coinvolge diverse aree cerebrali, tra cui:


  • Amigdala: Centro principale per la rilevazione delle minacce e la generazione di risposte emotive. L’iperattivazione dell’amigdala è una caratteristica comune nei disturbi d’ansia.

  • Corteccia prefrontale: Responsabile della regolazione delle emozioni; una ridotta attività in questa regione può limitare il controllo dell’ansia.

  • Ippocampo: Coinvolto nella memoria e nella modulazione delle risposte allo stress; alterazioni nella sua funzione possono contribuire a una percezione esagerata del pericolo.

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Deduciamo quindi che l’ansia è influenzata da una combinazione di fattori genetici, ambientali e psicologici, eventi traumatici, stress cronico, e squilibri neurochimici sono tra i principali fattori di rischio.


Disturbi d’ansia



L’ansia patologica si manifesta in diversi disturbi clinici, ognuno con caratteristiche specifiche:


  • Disturbo di panico: Caratterizzato da episodi improvvisi di ansia intensa (attacchi di panico), accompagnati da sintomi fisici come palpitazioni, sudorazione e sensazione di soffocamento. Questi episodi possono portare a una paura persistente di nuovi attacchi, limitando la vita quotidiana.

  • Disturbo d’ansia generalizzato (GAD): Questo disturbo si manifesta con una preoccupazione eccessiva e persistente riguardo a diverse aree della vita, spesso accompagnata da sintomi fisici come tensione muscolare, irrequietezza e difficoltà di concentrazione.

  • Disturbo post-traumatico da stress (PTSD): Si sviluppa in seguito a un evento traumatico e si caratterizza per la presenza di flashback, evitamento di situazioni associate al trauma e ipervigilanza.

  • Fobie specifiche: Le fobie sono paure intense e irrazionali verso oggetti o situazioni specifiche, come altezze, animali o spazi chiusi. Queste paure possono interferire significativamente con la vita quotidiana.

  • Disturbo d’ansia sociale: onosciuto anche come fobia sociale, questo disturbo si manifesta con una paura marcata delle situazioni sociali o di performance pubbliche, spesso accompagnata da sintomi fisici come arrossamento, tremore e sudorazione.

  • Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC): Il DOC è caratterizzato dalla presenza di ossessioni (pensieri intrusivi e ricorrenti) e compulsioni (comportamenti ripetitivi messi in atto per ridurre l’ansia).


Trattamenti



La gestione dell’ansia richiede un approccio multidisciplinare che combina interventi farmacologici, psicoterapeutici e comportamentali:


  1. Farmacoterapia:

    • Benzodiazepine: Aumentano l’attività del GABA, riducendo rapidamente i sintomi ansiosi.
    • Beta-bloccanti: Utilizzati per gestire i sintomi fisici dell’ansia, come palpitazioni.
    • Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI):Migliorano l’umore e riducono l’ansia a lungo termine.

  2. Psicoterapia:

    • Terapia cognitivo-comportamentale (CBT): Aiuta a identificare e modificare i pensieri disfunzionali che alimentano l’ansia.
    • Terapie di esposizione: Utilizzate per affrontare le paure specifiche in un ambiente controllato.

  3. Interventi comportamentali:
    • Tecniche di rilassamento, mindfulness e attività fisica regolare possono ridurre i livelli di ansia.


Conclusioni



L’ansia, pur essendo un’emozione normale e spesso utile (come nell’esutress), può diventare debilitante quando si manifesta in modo eccessivo o persistente. L’ansia, ai giorni d’oggi, viene riconosciuta come un disagio sociale accettato, invece di una “malattia” che faceva sì che la persona venisse esclusa dalla famiglia e dalla società.


L’ampliamento delle possibilità di cure, prevalentemente psicoterapeutiche delle persone, la possibilità di dare una spiegazioni su basi scientifiche può aiutare a comprendere meglio la propria condizione e l’accettazione di tale disagio da parte dell’individuo stesso e il supporto della famiglia contribuisce alla cura della persona.


Le basi biologiche dell’ansia, che coinvolgono complessi circuiti neuronali e neurotrasmettitori, offrono una spiegazione scientifica per le sue manifestazioni cliniche. Comprendere questi meccanismi è essenziale per sviluppare trattamenti più efficaci e mirati.


Questo non significa che l’ansia non rappresenti una sfida significativa per la salute mentale, ma i progressi nella comprensione dei meccanismi neurobiologici e psicologici stanno aprendo nuove strade per il trattamento, come per esempio:


  1. Terapie personalizzate: Basate sul profilo genetico e neurobiologico del paziente.
  2. Nuovi farmaci: Focalizzati su target specifici, come i recettori del glutammato e i neurosteroidi.
  3. Tecnologie avanzate: L’uso della neurostimolazione e delle tecniche di imaging cerebrale per migliorare l’efficacia dei trattamenti.


Questa relazione sottolinea l’importanza di un approccio multidisciplinare nella gestione dell’ansia, che includa interventi farmacologici, psicoterapeutici e comportamentali. Solo attraverso una comprensione approfondita di questa emozione sarà possibile migliorare la qualità della vita delle persone che ne soffrono.